giovedì 19 agosto 2010

Il Groviglio Meridionale - quinta parte

I meridionali e il Sud
di Rodolfo De Mattei

  
   Certo, si comprende come da lontano il quadro potesse e possa cogliersi meglio. Ma v'era anche l'incultura politica ed economica, l'impreparazione, l'inesperienza storica, che impediva ai meridionali di assumere posizioni teoriche. Essi dovevano ricorrere al "grido di dolore": solo più tardi venne lo studio, e fu sempre studio laterale, limitato, contingente. Gli esami e le inchieste vennero dal centro. Per lungo tempo, infatti, non si ebbero che singoli gridi di dolore dalle varie regioni, e quindi singoli "provvedimenti speciali" da parte del Governo: legge speciale per la Basilicata, legge speciale per la Calabria, Commissariato per la Sicilia, ecc. I meridionali si esaurirono in articoli, discorsi elettorali, libelli. A questo genere e a quest'epoca comiziale appartiene la loro difesa, a questo genere appartiene l'eloquenza, pur degna, di Colajanni e di Ciccotti. Si fa questione di politica corruttrice, si fa questione di disparita di trattamento fra Nord e Sud; è la verità, ma il problema è altrove. Il problema sta nella tutela del Sud dinanzi alla politica economica nazionale e internazionale, oltre che in una necessilà di progresso spirituale. Si ebbe torto, altresì, di non fare dell'intricatissima serie di questioni che costituiscono il complesso problema, una graduatoria, un ordine, un quadro sistematico: tutti i guai furono affacciati tumultuosamente, in blocco, in massa. Due sole grandi questioni dovevano preliminarmente farsi: una, relativa all'invocazione di una politica di decentramento  che agevolasse la soluzione metodica e locale dei minori problemi regionali (sicurezza, monti frumentari, credito agrario, scuole, lavori pubblici, ecc.); Un'altra, relativa alla tutela degli interessi del Sud nella politica doganale della nazione. Delle due questioni fu agitata negli ultimi tempi solo la seconda (Salvemini, Nitti, De Viti, De Marco), ma senza grandi risultati. La prima, urgente ed essenziale non raccolse unità di consensi. Se vi fu chi caldeggio il decentramento, e chi arzi parlo di autonomia (Colajanni), non mancò chi autorevolmente se ne dichiarò contrario (Fortunato), temendo ne venisse compromesso l'edificio unitario: e al centro, effettivamente,  qualunque concessione all'attività  regionale dovette sembrar preoccupante e pericolosa. Ne a tutto rigore vi fu unità di consensi per la seconda medesima: occorre non dimenticare, infatti, che lo stesso Colajanni, strenuo paladino della causa meridionale, pensò e sostenne essere il protezionismo "...necessario all'Italia in genere e ai principali rami della produzione agraria del Mezzogiorno..." ("Fronte interno", Luglio 1917). Fine quinta parte.

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