Pubblichiamo, a puntate, per facilitarne la lettura, l'illuminante scritto dello Storico Rodolfo De Mattei che fu, per moltissimi anni, collaboratore di Giovanni Gentile all'Istituto Nazionale Fascista per la Cultura. Estraneo sia allo storicismo crociano sia all’attualismo gentiliano, ebbe come maestro Gaetano Mosca di cui fu l’allievo prediletto e l’unico continuatore, succedendogli alla cattedra di Storia delle dottrine politiche, presso la facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Roma. Collaborò a giornali e riviste come il «Tevere», «Civiltà fascista», «Quadrivio», «Politica», «Educazione Fascista», coltivando inoltre la propria vocazione letteraria i cui frutti sono: Compagni di Ventura (Milano, 1928), Viaggi in Libreria (Firenze, 1941), oltre a Polvere di Roma (Roma, 1934,). Sotto l’influenza del Mosca prese in esame il problema della democrazia italiana dalla proclamazione del Regno alla crisi di fine secolo. Tale scritto servirà per dirimere una volta per tutte annosi fraintendimenti.
La questione romana si presentava complicata, ambigua, sottile, opponendo l'angolosa disquisizione del curiale e del prelato, figure di cappa, alla baldanza del bersagliere che nella sua figura di spada riassumeva la nazione giovane e nata sul campo.
LA TERZA ITALIA
Emigranti Italiani sbarcano A New York |
In verità si dovette all'esistenza di questi due problemi se la favilla politica italiana, come sentimento nazionale, non si esaurì nelle campagne d'indipendenza ed ebbe ragione e programmi di vita. Senza questi due permanenti problemi, grandiosi ambedue, la tradizione politica italiana si sarebbe spenta e stagnata, avrebbe perduto il carattere eroico e mitico che occorreva per dimostrare al popolo la nazione in perpetuo fieri, in continuo divenire, sempre da scoprire e perfezionare, e quindi richiedente la perpetua vigilia e passione degli italiani. Il diritto canonico e l'economia politica divenivano importanti quanto la politica internazionale: segno che la nazione svolgeva la sua nuova vita ammodernando i campi di battaglia.
Quanto alla questione romana, non mancarono né potevano mancare, i fieri ghibellini che passati dal Carbonarismo alla Massoneria, si diedero ad agitarla, facendone un'acre questione politica. Ma il problema meridionale fu più imprevisto e scabroso. ln verità, i termini essenziali del problema avevano radice nel tempo e nella natura, cioè si riconnettevano a profonde cause storiche e geografiche, e vecchie abitudini e a circostanze locali (disinteresse viscerale, malcostume feudale, ecc.); ma prima dell'unificazione, anzi prima degli effetti dell'unificazione, i quali si manifestarono alcuni anni dopo, non esisteva innanzi tutto il termine di confronto costituito dalla civiltà settentrionale divenuta attigua; le varie questioni volta a volta nascenti erano risolte per così dire in famiglia, non veniva avvertito eccessivo malessere economico, non si aveva emigrazione (che nel 76 radunava già oltre 100.000 persone); non si aveva il distacco del contadino dal suolo; non esisteva, infine, una questione totale, un "problema". Il problema nacque con l'improvvisa unificazione che di colpo volle amalgamare due tradizioni e civiltà, diversamente indirizzate e progredite, due Italie, di colpo disturbando delicati e inveterati sistemi e abiti mentali.
¨L'estensione al Mezzogiorno, operata dal Bastogi, tra il '61 e il,'62, dell'ordinamento fiscale piemontese, che faceva passare d'un tratto il regno delle Due Sicilie dalla categoria di paesi a imposte lievi in quella di paesi a imposte gravissime; l'imposizione di balzelli affatto ignoti per l'innanzi (imposta ricchezza, mobile, tasse di registro e bollo. tasse giudiziarie, successione, fondiaria, ecc.); l'obbligatorietà della leva che stupì e urtò i siciliani spingendoli alla renitenza, al brigantaggio e all'emigrazione, e quel ch'è più la liquidazione dell'asse ecclesiastico che tolse lavoro e pane a mezza Sicilia; oltre l'avocazione ai potere centrale di vecchi privilegi locali; tutto ciò fu un complesso di fattori concomitanti a determinare nel Mezzogiorno, e specie in Sicilia, un senso d'improvviso disagio spirituale e materiale, di cui ben tosto giunse sentore al Governo.
di RODOLFO DE MATTEI
Fine prima parte.
Fine prima parte.
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