domenica 15 agosto 2010

Groviglio Meridionale - Prima parte


Pubblichiamo, a puntate, per facilitarne la lettura, l'illuminante scritto dello Storico Rodolfo De Mattei che fu, per moltissimi anni, collaboratore di Giovanni Gentile all'Istituto Nazionale Fascista per la Cultura.  Estraneo sia allo storicismo crociano sia all’attualismo gentiliano, ebbe come maestro Gaetano Mosca di cui fu l’allievo prediletto e l’unico continuatore, succedendogli alla cattedra di Storia delle dottrine politiche, presso la facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Roma. Collaborò a giornali e riviste come il «Tevere», «Civiltà fascista», «Quadrivio», «Politica», «Educazione Fascista», coltivando inoltre la propria vocazione letteraria i cui frutti sono:  Compagni di Ventura  (Milano, 1928), Viaggi in Libreria (Firenze, 1941), oltre a Polvere di Roma (Roma, 1934,). Sotto l’influenza  del Mosca  prese in esame il problema della democrazia italiana dalla proclamazione del Regno alla crisi di fine secolo. Tale scritto servirà per dirimere una volta per tutte annosi fraintendimenti.






   Alle soglie dell'unità, la Terza Italia si trovò d'improvviso, impreparata e giovane, innanzi a due problemi di vasta portata che richiedevano ben altra esperienza, e maturazione che la sua, e tali da sbigottire un'adulta nazione: la questione romana e la questione meridionale: due problemi che ponevano di colpo gli uomini politici italiani cresciuti come partito d'azione, al cimento di complicate elaborazioni ideali. Di un tratto questi uomini politici che avevano una assai sommaria preparazione, e che si erano meglio sentiti vivi ed agili sulle barricate o in battaglia, e che avevano risolto, con squisita spontaneità, in sede di realizzazione pratica, i primi delicati dissidi teorici, e che insomma avevano dimostrata la loro fresca vivacità nelle vittorie diplomatiche e militari, grandiose per risultati, di colpo questa élite politica ebbe la sensazione che nuovi problemi s'affacciavano, ma di pensiero, e che le armi avrebbero dovuto cedere alla toga. Difficile impresa.
La questione romana si presentava complicata, ambigua, sottile, opponendo l'angolosa disquisizione del curiale e del prelato, figure di cappa, alla baldanza del bersagliere che nella sua figura di spada riassumeva la nazione giovane e nata sul campo


LA TERZA ITALIA


   
Emigranti Italiani sbarcano A New York
      L
questione meridionale si affacciava nella sua squallida nudità e miseria, con grovigli d'ordine economico e sociale a cui gli uomini d'azione, aristocratici e militareschi, erano candidamente impreparati. Fu assai se questi uomini ebbero il fiuto necessario per capire che si trattava di questioni alquanto complicate e vaste, che si sarebbero proiettate nel tempo. Essi non avevano agio di voltarsi indietro e riposare, che nuove fatiche li attendevano. Ma fu straordinaria, e quasi indice di maturità, in effetti impossibile, la prontezza e la serietà, con cui essi, tutt'altro che escluderli, si posero questi problemi come il compito meditativo della loro restante vita. Gii ultimi anni degli uomini del Risorgimento testimoniano questo travaglio.
   In verità si dovette all'esistenza di questi due problemi se la favilla politica italiana, come sentimento nazionale, non si esaurì nelle campagne d'indipendenza ed ebbe ragione e programmi di vita. Senza questi due permanenti problemi, grandiosi ambedue, la tradizione politica italiana si sarebbe spenta e stagnata, avrebbe perduto il carattere eroico e mitico che occorreva per dimostrare al popolo la nazione in perpetuo fieri, in continuo divenire, sempre da scoprire e perfezionare, e quindi richiedente la perpetua vigilia e passione degli italiani. Il diritto canonico e l'economia politica divenivano importanti quanto la politica internazionale: segno che la nazione svolgeva la sua nuova vita ammodernando i campi di battaglia.
   Quanto alla questione romana, non mancarono né potevano mancare, i fieri ghibellini che passati dal Carbonarismo alla Massoneria, si diedero ad agitarla, facendone un'acre questione politica. Ma il problema meridionale fu più imprevisto e scabroso. ln verità, i termini essenziali del problema avevano radice nel tempo e nella natura, cioè si riconnettevano a profonde cause storiche e geografiche, e vecchie abitudini e a circostanze locali (disinteresse viscerale, malcostume feudale, ecc.); ma prima dell'unificazione, anzi prima degli effetti dell'unificazione, i quali si manifestarono alcuni anni dopo, non esisteva innanzi tutto il termine di confronto costituito dalla civiltà settentrionale divenuta attigua; le varie questioni volta a volta nascenti erano risolte per così dire in famiglia, non veniva avvertito eccessivo malessere economico, non si aveva emigrazione (che nel 76 radunava già oltre 100.000 persone); non si aveva il distacco del contadino dal suolo; non esisteva, infine, una questione totale, un "problema". Il problema nacque con l'improvvisa unificazione che di colpo volle amalgamare due tradizioni e civiltà, diversamente indirizzate e progredite, due Italie, di colpo disturbando delicati e inveterati sistemi e abiti mentali.
    ¨L'estensione al Mezzogiorno, operata dal Bastogi, tra il '61 e il,'62, dell'ordinamento fiscale piemonteseche faceva passare d'un tratto il regno delle Due Sicilie dalla categoria di paesi a imposte lievi in quella di paesi a imposte gravissime; l'imposizione di balzelli affatto ignoti per l'innanzi (imposta ricchezza, mobile, tasse di registro e bollo. tasse giudiziarie, successione, fondiaria, ecc.); l'obbligatorietà della leva che stupì e urtò i siciliani spingendoli alla renitenza, al brigantaggio e all'emigrazione, e quel ch'è più la liquidazione dell'asse ecclesiastico che tolse lavoro e pane a mezza Sicilia; oltre l'avocazione ai potere centrale di vecchi privilegi locali; tutto ciò fu un complesso di fattori concomitanti a determinare nel Mezzogiorno, e specie in Sicilia, un senso d'improvviso disagio spirituale e materiale, di cui ben tosto giunse sentore al Governo.

di RODOLFO DE MATTEI
Fine prima parte.

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