di Rodolfo De Mattei
Il problema meridionale, pertanto, fu agitato, come ancor oggi avviene, solo in mancanza d'altri programmi politici e problemi nazionali. Esso apparve, dunque, saltuariamente sull'orizzonte italiano, non sempre con chiarezza e sincerità. D'altronde, vasto qual è, esso non avrebbe potuto essere prospettato d'un tratto, intero. Occorreva vario sforzo e varia competenza, dunque del tempo, perché ogni lato fosse affrontato: lavoro minuzioso d'impostazione e svisceramento che, grosso modo, può considerarsi svolto dalla fine della prima guerra d'Africa alla fine della guerra europea.
Fasi alterative di ottimismo o pessimismo caratterizzarono il tono di quanti dall'unità in giù si occuparono del problema del Sud. Appare naturale che le parole degli uomini dell'unità fossero ispirate a un frettoloso ottimismo che se appalesava una inevitabile superficialità, è facile spiegare come giustificazione e difesa del fatto compiuto. I mali, di cui al centro giungevano sì e no notizie, non sembrarono fatali. Ma è giusto aggiungere che il vero malessere si acutizzò alquanto dopo l'unificazione, allorché decisamente la politica e l'economia nazionale ferirono gravemente le tradizioni e gli interessi del Sud. D'altro canto non si aveva tempo di pensare quanto quelle che sembrarono esigenze di vita unitaria (formazione di un esercito nazionale, e quindi leva obbligatoria; liquidazione delle propaggini vaticanesche, e quindi dell'asse ecclesiastico; unicità di ordinamento finanziario, e quindi fiscalità; accentramento, e quindi soppressione di vita locale; e via dicendo) fossero circostanze concomitanti a creare ed acutizzare il disagio nel Sud. L'unita si formava, sacrifici erano necessari. La presunta ricchezza del Sud avrebbe compensato tutto. Il Mezzodì effettivamente, appariva, come una terra promessa che solo l'ignoranza dei re fannulloni aveva potuto lasciare inesplorata. D'altronde, gli uomini maggiori di Stato avevano sì e no passato Napoli: il viaggio in Sicilia di Sonnino e Franchetti rimase storico; quanto a Minghetti, egli venne in Sicilia in periodo eccezionalmente prospero. Ed occorse il laboriosissimo guado del fiume Sinni perché gli occhi di Zanardelli si aprissero improvvisamente, e venisse fuori la legge 31 marzo 1904 per la Basilicata. Ottimismo, dunque, alimentato dai ricordi del periodo romano e arabo. Nei discorsi parlamentari del primo periodo dell'Unita non si trovano accenni seri ed espliciti ad una vera e propria questione meridionale.
Fasi alterative di ottimismo o pessimismo caratterizzarono il tono di quanti dall'unità in giù si occuparono del problema del Sud. Appare naturale che le parole degli uomini dell'unità fossero ispirate a un frettoloso ottimismo che se appalesava una inevitabile superficialità, è facile spiegare come giustificazione e difesa del fatto compiuto. I mali, di cui al centro giungevano sì e no notizie, non sembrarono fatali. Ma è giusto aggiungere che il vero malessere si acutizzò alquanto dopo l'unificazione, allorché decisamente la politica e l'economia nazionale ferirono gravemente le tradizioni e gli interessi del Sud. D'altro canto non si aveva tempo di pensare quanto quelle che sembrarono esigenze di vita unitaria (formazione di un esercito nazionale, e quindi leva obbligatoria; liquidazione delle propaggini vaticanesche, e quindi dell'asse ecclesiastico; unicità di ordinamento finanziario, e quindi fiscalità; accentramento, e quindi soppressione di vita locale; e via dicendo) fossero circostanze concomitanti a creare ed acutizzare il disagio nel Sud. L'unita si formava, sacrifici erano necessari. La presunta ricchezza del Sud avrebbe compensato tutto. Il Mezzodì effettivamente, appariva, come una terra promessa che solo l'ignoranza dei re fannulloni aveva potuto lasciare inesplorata. D'altronde, gli uomini maggiori di Stato avevano sì e no passato Napoli: il viaggio in Sicilia di Sonnino e Franchetti rimase storico; quanto a Minghetti, egli venne in Sicilia in periodo eccezionalmente prospero. Ed occorse il laboriosissimo guado del fiume Sinni perché gli occhi di Zanardelli si aprissero improvvisamente, e venisse fuori la legge 31 marzo 1904 per la Basilicata. Ottimismo, dunque, alimentato dai ricordi del periodo romano e arabo. Nei discorsi parlamentari del primo periodo dell'Unita non si trovano accenni seri ed espliciti ad una vera e propria questione meridionale.
La questione si configura e s'impone in un secondo tempo, diventando adattissimo pretesto per dibattiti sociali, istituzionali e scientifici. Periodo interessantissimo che resta da ben fissare nella storia psicologica del Regno. Sviluppandosi la questione sociale è naturale che la questione meridionale si precisi e prenda rilievo; il Sud, per le caratteristiche di miseria, di vizioso ordinamento terriero e malgoverno, si presta ottimamente a campo di battaglie economiche e istituzionali. In Sicilia viene attuato, coi Fasci, il primo esperimento di rivolta economica.
Fine terza parte.
Fine terza parte.
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