lunedì 16 agosto 2010

Groviglio Meridionale - seconda parte -

Crisi e Problemi.
di Rodolfo De Mattei

  
    Ma era troppo presto per pensare che una cosa era l'unificazione politica e altra l'unificazione spirituale ed economica; è quasi assurdo allora ammettere che l'annessione del Mezzogiorno era stato un cattivo affare. Anche Stefano Iacini aveva alzato la voce per i contadini lombardi, come il La Manna nel '62 l'aveva alzata per i contadini del Regno d'Italia. Il malessere, dunque, se mai, era generale e non localizzato: crisi di crescenza. Il Mezzogiorno continuò così ad apparire come la terra promessa, come un paese "troppo favorito dalla natura" (Bonghi), "cospicuo" (Sella), "ricco" (Depretis), "prospero", (Minghetti), ecc., sicché il problema fu di capitalizzare questa fortuna.
Giustino Fortunato
Giustino Fortunato
La Sinistra, ascendendo al potere nel '76, comprese che esaurito con lo sforzo del Risorgimento il compito della Destra, ad essa toccava agitare le questioni rimaste irrisolute o inaffrontate. Ma non è a dire che la questione meridionale le si presentasse già con caratteri  staccati e definiti: essa rientrava nel vasto quadro della questione interna sociale; il malcontento  serpeggiante in Sicilia non sembro più allarmante di quello esistente nel Veneto o in Toscana. Lo stesso Giustino Fortunato, che resta uno dei più convinti assertori della causa meridionale, nel 1880 non le dedicò una trattazione speciale: notò solo essere le due più gravi questioni che ci serba l'avvenire, la sociale e la religiosa". (Discorso di Melfi, 22-5 1880).   
  Del Mezzogiorno, si avvertirono crisi (agraria, amministrativa, economica, ecc.) più che problemi; e pertanto si ebbero provvedimenti frammentari, scuciti, saltuari, che denunziavano nel difetto di un piano armonico l'assenza di un'esatta intuizione del problema generale: non si comprese, cioè, che si trattava di focolai disseminati di un'unica malattia costituzionale. Le parole serie. essenziali  («questo immane problema che è L'Italia Meridionale ...» . «...abbiamo una vera, un'ardua questione di civiltà da studiare e da risolvere»Fortunato) vengono molto più tardi, dopo i Fasci, quando si parla di mandare un Commissario Civile in Sicilia; e solo in seguito Pasquale Villari studia, di proposito le condizioni del Sud e si rende conto della vera portata dell'insurrezione dei Sette e Mezzo di Palermo ('67) e di altri indizi di malessere (P. Vìllari - Nuova Antologia 1895); solo più tardi, troppo tardi, si compresero gli enormi danni arrecati alla Sicilia e alla Sardegna della denunzia fatta fra gli applausi dei deputati, del trattato di commercio del 1881 con la Francia.


   Ma è necessario convenire che troppo confusi e disordinati e sotterranei apparivano nel Mezzogiorno gli elementi costitutivi del problema perché fosse riuscito possibile discernere e approfondire. Le irrequietezze, che d'altronde notavansi anche in altre regioni, avevano tutta un'aria di discoleria e di transitorietà che autorizzava i correttivi militari. Si aggiunga che i meridionali non collaborarono gran fatto alla chiara impostazione del loro problema. La Rivista del Colajanni che avrebbe avuto buon giuoco, essendo siciliana d'origine, battagliera di temperamento e intellettuale di vocazione, si perdette in disquisizioni scientifiche e politico-sociali, e solo di straforo e tardi e mai con criteri d'insieme, si occupò di cose meridionali. Vero è altresì che altri gravi avvenimenti e problemi richiamarono e assorbirono l'attenzione e la passione degli italiani (questioni politiche, coloniali, economiche, dinastiche, ecc.)

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