Francesco Mario Pagano trovò nell’interesse per il mondo antico una ragione per comprendere la natura umana e quali fossero le motivazioni del suo agire.
Nei suoi Saggi Politici, risuonava non solo l’interrogativo di Socrate riguardo a cosa fosse l’uomo, ma lo sviluppo storico dell’essere umano in quanto essere sociale nel porsi in relazione alla politica intesa come evoluzione della civiltà.
Lo studio di Mario Pagano tendeva a dimostrare come il mondo classico, dopo aver attraversato secoli di grande fecondità intellettuale, questa era stata oscurata dal buio del Medio Evo e dall’affermarsi del feudalesimo.
L’illuminismo del Settecento offriva dunque l’opportunità di far emergere i lumi della classicità, in relazione soprattutto all’area mediterranea dell’antico territorio italico.
Era l’influenza di Aristotele che conduceva Mario Pagano ad opporre una dottrina politica moderata rispetto alle scelte più radicali degli altri patrioti della Repubblica Napoletana.
Erano illuminanti, a tal riguardo, gli esempi in relazione alle forme di governo in cui si intravedeva più chiaramente l’influenza di Aristotele.
Inoltre l’ideale repubblicano, che si andò progressivamente imponendo nel suo pensiero, traeva ispirazione anche dalle Repubbliche dell’antichità in cui ritrovava l’enunciazione di alcuni principi repubblicani ben delineati.
Le qualità morali del cittadino che doveva guidare, illuminare ed istruire gli altri riportavano a quell’aristocrazia dello spirito, che rimandava il lettore agli “ ottimi per virtù” di Aristotele e Platone, a quel concetto di “ politeia” aristotelica e platonica che sostanzialmente faceva riferimento ad un particolare tipo di istituzione politica, la Repubblica, che assumeva per tali filosofi antichi, solo l'interesse per il bene della collettività, per la polis, lo Stato.
L’illuminismo settecentesco di Genovesi e Filangieri costituiva la necessaria integrazione ed evoluzione del concetto di politeia classica nel delineare un nuovo ideale repubblicano di carattere democratico in cui avrebbero trionfato i principi irrinunciabili di libertà ed uguaglianza.
Inoltre, l’antichità classica, per Francesco Mario Pagano, offriva un ideale di purezza dei costumi nella costituzione delle Repubbliche antiche in opposizione alla “ corruzione “ dell’età sua contemporanea. Pagano lo ha evidenziato nei Saggi Politici in termini diretti:
“L’amore dei più interni piaceri dello spirito, cioè delle cognizioni, della virtù, della libertà, del potere, forma il costume e il carattere che fa nascere per lo più le Repubbliche popolari.”
Come i filosofi classici, tra cui Platone ed Aristotele in primis, avevano additato l’amore per la conoscenza e per la virtù, si mostrava necessario ritrovare anche in quelle idealità antiche le condizioni per l’esaltazione del governo repubblicano moderno, che aveva già trionfato in America e in Francia con uomini “ animati dalla divina espansione dello spirito, dalle nobili passioni della compassione, dall’amore degli uomini, dalla beneficenza, dal sentimento dell’ordine morale della giustizia”.
Nel momento in cui si accingeva alla redazione del Progetto Costituzionale per la Repubblica Napoletana del 1799, Pagano riteneva che la Repubblica da istituire doveva necessariamente diffondersi nella “classe media” la cui descrizione era stata ben delineata nella “ politeia” di Aristotele, ma che in età moderna avrebbe assunto carattere, oltre che diverso dall’antica polis, quello peculiare dell’età dei Lumi di fine Settecento per una proposta di elevazione sociale e morale di tutti i cittadini virtuosi e votati al bene comune.
“ Fondare i buoni costumi è il metodo più proprio per estirpare i corrotti” scriveva Pagano nelRapporto che accompagnava il Progetto di Costituzione, aggiungendo che la proposta veniva avanzata “ ad imitazione delle antiche Repubbliche”.
di Angelo Martino
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