giovedì 13 marzo 2014

Francesco Saverio Salfi e una necessaria evoluzione rivoluzionaria e repubblicana

Francesco Saverio Salfi (Cosenza 1759 - Parigi 1832), sacerdote, nel 1787 si stabilì a Napoli dove insegnò discipline letterarie ed ebbe contatti con gli intellettuali illuministi Gaetano Filangieri, Antonio Genovesi, Mario Pagano, Antonio Jerocades, allontanandosi progressivamente dalla Chiesa.
Il suo arrivo a Napoli fu dovuto all’intolleranza del vescovo di Cosenza Gennaro Clemente Falcone che discreditò Salfi al punto di metterlo in condizione di lasciare la Calabria e trasferirsi a Napoli nel 1785.
Nella capitale del Regno Salfi continuò la sua battaglia in difesa della tolleranza ed è nota la sua posizione del 1788 allorché , in occasione del rifiuto al pagamento della Chinea al Papa  da parte del governo di Ferdinando IV di Napoli, scrisse una satira contro lo Stato Pontificio e in favore della politica napoletana.
La svolta in senso illuministico radicale di Salfi era iniziata quando  aveva pubblicato l’anno precedente il suo Saggio di fenomeni antropologici in cui denunciava la degenerazione della fede in superstizione e magia, proponendosi di “sottrarre le povere masse ignare alla nefasta influenza della vecchia scuola gesuitica, che le strumentalizzava a suo piacere nelle manifestazioni “ miracolistiche”.
Nel 1792 entrò nella Società patriottica napoletana. Per evitare il processo, nel 1794 riuscì a fuggire da Napoli e riparare dapprima a Genova, dove abbandonò l'abito ecclesiastico, e poi a Milano.
Ritornò a Napoli assieme al generale Championnet nel gennaio del 1799 e assunse l'incarico di segretario del governo provvisorio della Repubblica napoletana. Nel febbraio 1799, dopo la sostituzione di Carlo Lauberg con Ignazio Ciaia alla guida della Repubblica napoletana, andò in Francia.
Di princìpi massonici, fu consigliere di Gioacchino Murat. Nel 1815 con la Restaurazione che riportò i Borbone sul trono di Napoli, si ritirò definitivamente in Francia.
Francesco Salfi fu autore dell’opuscolo  L’Italie au dix-neuvième siècle, pubblicato nel 1821 nel quale analizzò le motivazioni che avevano spinto un gruppo di patrioti meridionali, partiti da posizioni riformiste, a passare ad inevitabili progetti, idee e valori propriamente rivoluzionari.
Lo scritto di Francesco Salfi rileva come la Rivoluzione francese avesse trovato terreno fertile nel Regno di Napoli dal momento che  vi era già ben presente e vivo un humus di idee rivoluzionarie elaborate dai discepoli di Genovesi e Filangieri.
Ma ancora prima che alla Rivoluzione Francese, essi avevano guardato alla rivoluzione Americana.
I patrioti della futura Repubblica Napoletana erano già pronti ad accogliere gli ideali rivoluzionari. Inoltre per tanti religiosi, come lo era stato anche Francesco Salfi, lo stesso messaggio evangelico aveva assunto una possibilità di riscatto per un’umanità oppressa la cui fede era indirizzata verso la paura e la superstizione.
L’appartenenza alla massoneria, inoltre, aveva svolto  un ruolo importante se non centrale nella progressione ideologica dei patrioti dal periodo riformatore a quello rivoluzionario.
Insieme a Carlo Lauberg e Antonio Jerocades, Francesco Salfi  appartenne a quegli spiriti forti che imposero le loro dottrine illuminate contro le posizioni retrograde degli ecclesiastici che difendevano l’alleanza Trono-Altare. In tale lotta contro il fanatismo e la superstizione religiosa Salfi trovò nella fratellanza massonica la maniera di propagandare gli ideali rivoluzionari e repubblicani prima in Calabria e poi a Napoli, con un’appassionata difesa dei principi illuministici e della tolleranza religiosa.
Francesco Saverio Salvi fu un autore prolifico e anche la sua vasta produzione prettamente letteraria mostra un intellettuale instancabilmente impegnato nella battaglia per la conquista di irrinunciabili diritti civili e politici e per la creazione di una società libera e democratica.
di Angelo MArtino

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