lunedì 4 ottobre 2010

«Una grande e bella battaglia»

SOLFERINO - DAGLI ARCHIVI FONDAZIONE CORRIERE DELLA SERA

SOLFERINO - DAGLI ARCHIVI FONDAZIONE CORRIERE DELLA SERA
«Una grande e bella battaglia»
«La baionetta ha fatto bene l’opera sua, ma l’artiglieria pure (...) Ora che la giornata è finita, e che possiamo tranquillamente discorrere, ci sentiamo pieni di contentezza per aver assistito a una così grande e bella battaglia». A scrivere è il generale conte Enrico Morozzo della Rocca, capo di Stato Maggiore dell’esercito sardo all’epoca di Solferino e San Martino. La lettera fu pubblicata dal «Corriere della Sera» del 15-16 ottobre 1893 (nell’immagine la prima pagina). Quando fu combattuta la sanguinosa battaglia tra franco-piemontesi e austriaci, il «Corriere» non c’era ancora, sarebbe nato solo 17 anni dopo, nel 1876. Ma il giornale riuscì a raccontare ugualmente la battaglia «approfittando» dell’inaugurazione del monumento edificato a San Martino in memoria di Vittorio Emanuele II appunto nell’ottobre del 1893. La lettera di Morozzo Della Rocca, contemporanea ai fatti narrati, era quello che oggi definiremmo «un arricchimento». Il pezzo principale fu affidato a Giovanni De Castro, non senza motivo: scrittore e storico, poi collaboratore assiduo del Corriere dal 1894 alla sua morte nel 1897, De Castro all’epoca di Solferino figurava, salvo improbabili omonimie, come redattore del giornale «La Patria», che uscì in un unico numero ora conservato al Museo del Risorgimento di Milano ed era in corrispondenza con Ippolito Nievo, nel 1859 garibaldino di stanza tra Bergamo e Brescia. Fin dai primi anni della sua esistenza, quindi, il «Corriere» sceglieva, per raccontare gli eventi che decideva di pubblicare, grandi firme che fossero anche «esperti» dell’argomento trattato. La prosa è quella immaginifica dell’epoca, ricca di «ardimentose pugne» dove «nell’ora meridiana ardente di gran luce, le nostre bandiere sventolano sulle vette insanguinate». Ma pur nell’esaltazione patriottica, De Castro non rinuncia a mettere in luce che il comportamento della leadership militare a San Martino non fu impeccabile. Troppa voglia di gloria e di venire a contatto con il nemico, con le unità impiegate a spizzichi e bocconi: «fretta ardimentosa ma erronea, vecchio errore del resto dei generali italiani». Insomma, una «bella battaglia» che si poteva combattere meglio.
Paolo Rastelli
04 ottobre 2010

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