Storia e segreti del libro. De Amicis assorbiva le cronache dei giornali inseguendo un progetto
Il sogno di una scuola nazionale, oltre le regioni e le classi
Eroi, anti-eroi (e disgrazie) tra i banchi dell’Ottocento
Il sogno di una scuola nazionale, oltre le regioni
e le classi
e le classi
Tra i compagni di Enrico, il diarista di «Cuore» ci sono il «povero gobbino», il bambino dai capelli rossi con il «braccio morto» e il piccolo eroe che si trascina per tutto il libro «con le stampelle». Cuore è anche una galleria di deformità infantili, di casi pietosi, ma è soprattutto un cupo messale di riti tristi. Qualche critico cattolico si lamentò che nelle pagine di De Amicis non entrassero le feste religiose. Edmondo ignora il Natale, ignora la Pasqua, ma celebra compunto il «giorno dei morti». E il libro gronda davvero di morte. Storia vecchia oramai. «Non era, con la penna in mano, tutto e solo pasta di zucchero il buon Edmondo», scriveva Antonio Baldini: e segnalava, venti anni prima di Arbasino, un «zinzinino di sadismo» in quel libro che tanti uomini illustri (da Pascoli a Turati) avevano ammirato e che persino lo stesso Croce aveva rispettato.
Storia vecchia, certo, ma difficile da modificare, a dispetto di qualsiasi riflusso. La morte rimane infatti il correttivo pedagogico più efficiente di De Amicis, la disgrazia agisce come ricatto immediato in «Cuore». Non solo. La morte non è un evento possibile e minacciato. Edmondo è attento ad aprire sotto gli occhi del proprio lettore quadri concreti di sventure, spettacoli tangibili di sangue. E la sua fantasia macabra può anche essere fastosa. Il tamburino sardo avrà una gamba amputata: ne vedremo il «troncone» fasciato di «panni insanguinati». Un giorno, proprio all'uscita della scuola, passa una «barella» con un «ferito del lavoro». Quell'uomo è «bianco come un cadavere, con la testa ripiegata sopra una spalla, coi capelli arruffati e insanguinati»: perde «sangue dalla bocca e dalle orecchie». Chi porta la barella si ferma «un momento», passando davanti alla scuola perché è giusto che i ragazzi vedano bene, non paghi di quella «lunga striscia di sangue» che intanto rimane «in mezzo alla strada».
Ma c'è un trucco di Edmondo. Perché questo diario, scritto tra il 1885 e il 1886, è retrodatato al 1881-82? Le risposte probabili sono due. «Forse perché il 2 giugno 1882 si spense Garibaldi e ciò poteva riattualizzare la saga risorgimentale richiamando insieme i nomi di Vittorio Emanuele II, Cavour o Mazzini. O forse, ed è ancora più probabile, perché dopo il 1882 Torino avrebbe subito un'impennata e la realtà sarebbe apparsa meno quieta e trasognata di quanto De Amicis la volesse. Nel 1884 infatti si sarebbe aperta al Valentino la grande Esposizione Nazionale, che avrebbe dato conto di un fervida ripresa economica». E ciò con i problemi che la trasformazione comportava. L'analisi di Tamburini non registra infatti solo le «presenze» del reale, rende conto anche delle «assenze». Il confronto è assai istruttivo. La realtà del lavoro è decoro, dignità in «Cuore»: non c'è traccia tuttavia degli scioperi, pur frequenti in questi anni, come non c'è neppure un accenno al rapido svilupparsi a Torino della nuova civiltà industriale.
Giorgio De Rienzo
04 ottobre 2010
04 ottobre 2010
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