Toscana e dintorni. Non solo Cavour e diplomazia, ci fu un movimento di grandi dimensioni
La causa patriottica di migliaia di uomini e donne
Primavera del 1848. Studenti universitari di Pisa o di Siena, giovani popolani e borghesi di queste e di altre città toscane, si stanno arruolando volontari per affiancare i reparti regolari del Granducato che hanno l'incarico di muovere verso i confini dello Stato, e forse di spingersi persino nella Pianura Padana all'attacco dell'esercito austriaco. Gli spostamenti delle colonne toscane sono scanditi da canti marziali: «All'armi ne chiama / l'italica terra: / Evviva la guerra! / Vittoria o morir!»; oppure: «Addio, mia bella, addio / L'armata se ne va; / Se non partissi anch'io / Sarebbe una viltà! / Tra quanti moriranno / Forse ancor io morrò; / Non ti pigliare affanno, / Da vile non cadrò». Col passare dei giorni qualcuno dimentica le esibizioni di coraggio dei primi momenti e torna indietro, magari dando ascolto alle lettere accorate di preoccupatissimi genitori. Ma c'è chi non ha nessuna voglia di scherzare: c'è chi vuole partecipare a tutti i costi a una guerra che sente come assolutamente necessaria per la propria integrità etico-politica, manifestando i suoi sentimenti patriottici con toni talora spavaldamente splatter («Addio! Ho giurato di non tornare a Prato se non portando una testa di tedesco infilzata nella mia baionetta »: così scrive un volontario alla madre). I coraggiosi che vanno avanti sono rincuorati dall’entusiasmo della gente che abita nei paesi che attraversano mentre si muovono verso nord. Per Giuseppe Montanelli, giovane professore dell'Ateneo pisano e volontario lui stesso, questi entusiasmi non sono una sorpresa. Da mesi ormai la Toscana è in subbuglio: nel 1847 è stato tutto un susseguirsi di manifestazioni pubbliche in lode di Pio IX o delle riforme annunciate o realizzate. Delle tante manifestazioni Giuseppe Montanelli ne ricorda una in particolare, tenuta a Pisa il 6 febbraio 1847: «Il cielo era a tempesta. Quel magnifico anfiteatro del Lung'Arno, nel cui centro abitavo, era tutto ornato di bandiere. Domandavo se, come ora in festa, ci ritroveremmo insieme al pericolo.
Tavola di Quinto Cenni: uniformi dei volontari toscani (Civiche raccolte storiche-Museo Risorgimento, Milano) |
Chiedo alle madri e ai padri se manderanno al campo i figliuoli, e la turba rispondeva: sì. Chiedo ai preti se benediranno gli eserciti, se suoneranno a stormo le campane; e ancora quella santa promessa: sì, sì, giuriamo! allora ripresi io: vi saremo tutti. E le braccia alzate, le mani stese, le guancie rigate di lagrime, per tre volte tutti rispondeva la moltitudine con grido immenso e concorde che mi suona ancor dentro ». Tutti forse no; ma molti sui campi di Lombardia alla fine ci arrivano per davvero, per combattere tenacemente contro gli austriaci il 29 maggio tra Curtatone e Montanara. E tra gli altri c'è anche il ventenne Elbano Gasperi, che, miracolosamente illeso ma con i vestiti a brandelli per lo spostamento d'aria causato dallo scoppio di un cassone di polvere, continua a correre come un invasato, seminudo com'è, dall'uno all'altro dei due cannoni che gli sono stati affidati, senza smettere di sparare contro i nemici. Ora, può darsi che questo episodio sia stato anche assai enfatizzato nelle narrazioni del post-battaglia; ciò che è indubbio, invece, è che lo scontro con gli austriaci è durissimo e che diverse centinaia di toscani restano sul campo, feriti o colpiti a morte.
Cristina Belgioioso |
Una stampa di Elbano Gasperi a Curtatone |
In realtà, se dall'osservatorio del 1846-49 guardiamo sia indietro che avanti, non possiamo che trarre altre conferme. Si stima che gli affiliati alle sette carbonare, e poi alla Giovine Italia, siano stati diverse migliaia. I volontari che nel 1859 partono da varie parti d'Italia per andarsi ad arruolare a Torino nel 1859 sono sicuramente almeno 16.000 (e forse addirittura 24.000), mentre a inizio 1859 gli effettivi dell’esercito piemontese sono poco più di 50.000. E 20.000 sono i volontari che da maggio a ottobre 1860, partendo dall'Italia centro-settentrionale, si uniscono a Garibaldi nell'impresa meridionale. E a costoro, che sono l'avanguardia combattente del movimento, si devono poi affiancare i molti altri uomini e donne che non avendo l'età o il coraggio per mettere a repentaglio la propria vita, nondimeno incoraggiano i combattenti, li guardano con simpatia, oppure leggono o ascoltano o ammirano con passione i best seller letterari, musicali, iconografici di ispirazione patriottica (prodotti da autori del calibro di Foscolo, Manzoni, d'Azeglio, Guerrazzi, Verdi, Hayez …).
Un opuscolo commemorativo |
Alberto Mario Banti
04 ottobre 2010
04 ottobre 2010
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