Del Demanio di Calvi, situato nei comuni di Calvi e di Sparanise e con un'estensione di 1200 moggia circa, si hanno informazioni precise ad iniziare dal 1425 allorché un contrasto sui confini occorse tra la cittadina di Calvi e quella di Capua.
Secondo lo storico settecentesco Francesco Granata fu la regina Giovanna II a stabilire i confini con un "privilegio" datato 17 settembre 1425.
Nella Storia Civile della fedelissima città di Capua, pubblicata nel 1756, il Granata ha ripercorso tutto ciò che Calvi dovette subire dai governanti che favorirono la città di Capua, ad iniziare dalla regina Giovanna II, da suo figlio Alfonso e successivamente dallo stesso Ferdinando d'Aragona.
La regina Giovanna - scrisse il Granata - appagatasi della gran fedeltà dei Capuani, corrispose con infiniti privilegi e grazie, tra le quali il 17 settembre 1425 concesse un privilegio dichiarando che il tenimento di Capua si estenda fino al Rivo corrente di Calvi, i quali territori sono divisi per certe colonne postesi per termine.
La Real Casa Borbonica successe nell'affitto del Demanio di Calvi al barone Luigi Zona nel 1772. Il contratto durò fino al 18 ottobre 1779, protraendosi per ulteriori dieci anni.
Sia Carlo di Borbone che il figlio Ferdinando IV intrapresero una graduale opera d’usurpazione del Demanio di Calvi, tanto che Ferdinando IV arrivò a costituire un maggiorato per i suoi due figli.
Sia Carlo di Borbone che il figlio Ferdinando IV intrapresero una graduale opera d’usurpazione del Demanio di Calvi, tanto che Ferdinando IV arrivò a costituire un maggiorato per i suoi due figli.
Con Decreto Regio del 12 gennaio 1832, il Demanio caleno fu poi affidato in una parte al settimogenito figlio di Ferdinando IV, Gaetano Maria Federico, conte di Girgenti, e per l'altra al Conte di Castrogiovanni.
I comuni di Calvi e di Sparanise furono dunque spogliati del loro Demanio con due atti che costituirono inaccettabili soprusi.
Con il primo atto, datato 1791, Ferdinando IV , nonostante il voto contrario delle due Università, da affittatore aveva preteso di diventare “enfiteuta” (l’enfiteusi è un diritto reale su un fondo altrui che attribuisce al titolare “enfiteuta” gli stessi diritti che avrebbe il proprietario,“concedente” sui frutti, sul tesoro e sulle utilizzazioni del sottosuolo). Il secondo atto, datato 1832, rappresentò una vera e propria appropriazione indebita nel momento in cui Ferdinando II, pur sapendo che i demani comunali erano da considerare inalienabili, costituì un maggiorato per i suoi figli.
Il Demanio di Calvi divenne prevalentemente un sito di caccia, destinato al solo divertimento dei Borbone, che vi costruirono un Casino Reale con il pianterreno destinato ai contadini, mentre il primo piano era riservato all'abitazione del Re e dei cortigiani.
Nel testo Per Calvi e Sparanise contro Demanio e Casa Reale, pubblicato nel 1888 da
Nel testo Per Calvi e Sparanise contro Demanio e Casa Reale, pubblicato nel 1888 da
Francesco Saverio Correra e Domenico Di Roberto, si ripercorre tutta la storia dei tentativi dei due comuni di contrastare gli atti di sopruso da parte della Real Casa Borbonica. In relazione al contratto del 1791, gli avvocati Correra e De Roberto evidenziano che “ il re, quando contratta, è un privato e non un sovrano, è soggetto di conseguenza a tutti i vincoli e alle norme di legge".
Dopo la caduta del regno borbonico, i due comuni di Calvi e Sparanise reclamarono il possesso del Demanio con ricorsi che diedero inizio ad un lungo contenzioso che terminò con il “componimento bonario” del 1888 tra i due comuni e la Real Casa Savoia sulla base delle deliberazioni di transizione bonaria del comune di Calvi in data 26-5- 1892 e del comune di Sparanise del 12-12-1892.
Angelo Martino per il NUOVO MONITORE NAPOLETANO
Bibliografia
Paolo Mesolella- Il Demanio di Calvi- Spring Edizioni- 2008
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