Faccia a faccia con il Prof.Alessandro Barbero
Mar, 08/04/2014 - 13:37 — Davide Simone
Da qualche tempo sembra tornato alla ribalta nel nostro Paese il revisionismo di matrice antirisorgimentale, fenomeno a ben vedere mai completamente sopito. Libri, articoli di giornale e , soprattutto, discussioni nel variopinto mondo della rete in cui i lunghi ed articolati processi che condussero l'Italia all'Unità vanno incontro ad una rilettura e ad una una riscrizione. Ecco allora che Garibaldi da “Eroe dei Due Mondi” può diventare un “ladro di cavalli” ed un “assassino”, i Savoia si trasformano nei “Saboia” e l'antica fortezza di Fenetsrelle è raccontata come un campo di concentramento dove trovarono la morte schiere di soldati duosiciliani dopo la definitiva sconfitta del loro Paese. Ma le cose stanno davvero così? Cosa c'è di vero? E che cosa di falso? Ne abbiamo parlato con il Prof.Alessandro Barbero, uno dei maggiori storici italiani ed autore del best seller “I prigionieri dei Savoia. La vera storia della congiura di Fenestrelle”.
-Professore, perché un libro su argomento come il carcere di Fenestrelle?
-Perché nel 2011, durante le celebrazioni dell'Unità d'Italia, mi sono imbattuto, per caso, nella storia dello sterminio di Fenestrelle, e mi sono accorto che non ne sapevo niente; e mentre mi pareva abbastanza probabile che si trattasse di una mistificazione, mi seccava però molto non esserne sicuro. Non si può mai sapere, nella storia sono successe così tante cose che uno non avrebbe mai creduto possibili. Così sono andato in archivio a vedere cos'era successo davvero, e mi sono appassionato scoprendo la ricchezza straordinaria della documentazione.
-Ma che cosa fu in realtà Fenestrelle? E che cosa fu il Risorgimento?
-Fenestrelle era tante cose, e nessuna particolarmente strana. Era un forte nato per difendere la frontiera con la Francia; era stato, in passato, luogo di detenzione per prigionieri politici; era la caserma del Corpo Franco, ovvero il corpo di punizione disciplinare dell'esercito piemontese prima e italiano poi; fu uno dei luoghi in cui nel 1859-60 vennero brevemente detenuti prigionieri di guerra austriaci, pontifici e napoletani; e fu uno dei luoghi in cui nel 1860 transitarono i contingenti di disertori alla leva arrestati nel Sud e trasferiti al Nord per essere incorporati nell'esercito. Dopodiché , siccome queste cose accadevano nell'Ottocento, età che credeva al progresso, alla civiltà e ai diritti umani, e accadevano sotto gli occhi dell'opinione pubblica, della stampa, del parlamento e della Chiesa, e non nell'epoca di Conan il Barbaro o del Trono di Spade, Fenestrelle in tutte queste sue diverse incarnazioni non fu mai teatro di niente di particolarmente oscuro o sinistro, con buona pace di chi sostiene il contrario senza uno straccio di documento a cui appigliarsi.
Quanto alla seconda domanda, che cosa fu il Risorgimento, non crederete davvero che si possa rispondere così in poche righe? Se permettete mi accontenterà di dire che fu una pagina decisiva della storia italiana; e come ogni pagina di storia (specialmente italiana, verrebbe da dire) fu intrecciato di contraddizioni, di errori e di momenti poco chiari; e tuttavia fu una modernizzazione decisiva per il paese, e come ogni modernizzazione ebbe i suoi oppositori e anche le sue vittime; e finalmente, che fu uno dei pochi momenti della nostra storia recente in cui l'Italia e gli italiani furono al centro dell'attenzione mondiale e suscitarono affetto e ammirazione in tutto il mondo, cosa che magari sarebbe bene non dimenticare...
-Non sono state poche le critiche (anche ai limiti dell'educazione del buongusto) che hanno interessato la sua persona, dopo la pubblicazione del libro. Come se lo spiega?
-Il movimento neoborbonico ha costruito una versione alternativa della storia, totalmente immaginaria, ma molto seducente, e ha attirato molte persone in buona fede, ma anche molti fanatici, che non hanno voglia di discutere, né saprebbero farlo, ma solo di urlare e insultare. La rete ha fatto il resto, dal momento che fra chi interviene in rete, su qualunque argomento, la tendenza a trascendere nella volgarità e nell'insulto sembra essere irresistibile.
-Il nostro Meridione sta conoscendo negli ultimi anni una certa rivalutazione del passato duosiciliano, contestualmente ad un rigetto della memoria risorgimentale. Secondo lei qual è la ragione del fenomeno?
-C'è la disperazione di chi al Sud non crede più di poter colmare il ritardo strutturale del paese, e preferisce rifugiarsi in un sogno consolatorio, e anche nella voglia di dare la colpa a qualcun altro - che siano i piemontesi, i massoni, i Savoia o chicchessia. E c'è l'ignoranza profonda di un paese - e parlo dell'Italia tutta - dove lo spirito critico sta a zero, e alla gente si può far bere tutto quello che si vuole, anche le panzane più enormi, quando si parla del passato...
-Che cosa c'è di vero nel revisionismo “neoborbonico”? E di falso?
-Per come si presenta, non c'è niente di vero, è tutto falso. Perché , beninteso, che l'unità d'Italia sia stata fatta male, lo si è sempre detto, si è cominciato a discuterne nel 1861 e non si è mai smesso. Che per il Sud l'unificazione sia stata particolarmente traumatica, che la grande speranza sollevata da Garibaldi fra i contadini sia stata delusa, che il brigantaggio abbia anche espresso un malessere profondo del mondo contadino e abbia dato origine a una vera guerra civile fra meridionali, che la repressione del brigantaggio da parte dell'esercito italiano sia stata feroce, tutte queste cose si sono sempre sapute e discusse - solo chi non ha mai avuto voglia di cercare dei libri e informarsi può strillare, come molti fanno oggi, che queste cose "sono state tenute nascoste". Ma il revisionismo neoborbonico non dice queste cose: dice che c'è stata l'invasione piemontese, che i briganti erano eroi che difendevano il loro paese e il loro re dagli invasori, che c'è stato un milione di morti, e che prima di allora il regno borbonico era prospero e felice, era la terza potenza industriale d'Europa, aveva cento primati, ecc. ecc. - tutte queste sono frottole così grosse che c'è da vergognarsi perfino di doverle discutere, e che ci possa essere qualcuno che ci crede.
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