LIBRI / Storia
Un’avventurosa biografia di Mino Milani (Mursia) racconta l’eroe risorgimentale genovese, che dopo l’Unità lasciò tutto per esplorare l’Oriente
Mino Milani - «Vita e morte di Nino Bixio» - Mursia editore - pagine 196, € 16
Nino Bixio è un personaggio che abbiamo conosciuto sui banchi di scuola, quando ci hanno spiegato che era un fedelissimo di Garibaldi e aveva combattuto con grande coraggio anche nella sfortunata difesa di Roma nel 1849. Ma per capire chi sia stato davvero questo personaggio, che possedeva «visceri di ferro, muscoli d’acciaio, ossa di bronzo» (come l’ha definito Giuseppe Guerzoni), occorre leggere Vita e morte di Nino Bixio, splendido e godibilissimo racconto biografico di Mino Milani (Mursia editore).
Milani non è solo uno studioso di storia ma un ottimo scrittore (dal 1978 Fantasma d’amore è lì a dimostrarlo); e l’insolito mix - già presente nel suo Giuseppe Garibaldi, edito nel 1982 - emerge in questo Bixio, che «conserva tutta la godibilità del ritratto, a tasselli mobili, del condottiero ligure», come osserva Beppe Benvenuto nella prefazione. Infatti, nato a Genova nel 1821, Bixio aveva mostrato subito due tratti, distinti eppure complementari: da un lato, quella che Milani definisce «l’ossessione dell’Italia unita» e dall’altro il richiamo del mare, «ricco, avventuroso e libero». Tant’è vero che a tredici anni era già imbarcato come mozzo sul «Pilade e Oreste», destinazione l’America del Sud.
Il «desiderio d’avventura» e, insieme, «la smania di vedere cose nuove» lo condizioneranno per tutta la vita: una vita che Milani ci ripropone con un gusto per gli aneddoti e con una tale quantità di precisi riferimenti, per cui Bixio esce dalle sue pagine, sempre impetuoso e vitale: per esempio, quando combatte nella seconda guerra d’indipendenza, è coinvolto a Custoza nel 1866, oppure siede in Parlamento.
Nino Bixio |
Il patriota genovese Gerolamo Bixio, detto Nino (1821-1873), fu uno dei più audaci protagonisti della spedizione dei Mille al seguito di Giuseppe Garibaldi
Né va dimenticato l’ordine impartito, nell’estate del ’60, da Garibaldi a Bixio «di andare a Bronte con la sua brigata», per sedare una cupa rivolta contadina, dove si mescola, nota Milani, una «trama di rivalità, di odi personali, di antichi e recenti rancori squallidamente stesa sull’ambiente dei galantuomini, i possidenti, o borghesi, i nobili». A chi gli chiede una rappresaglia «immediata e indiscriminata», Bixio non risponde: «Gli basta impugnare il revolver e dir chiaro che non si è a Bronte per distruggere, né per massacrare. Si è là per castigare e ciò sarà fatto». Con il commento diMilani: «È davvero ignobile il tentativo, compiuto di recente, di presentare Bixio come un Raeder o un Kappler»...
Ma la passione per il mare non abbandona Bixio che, superata la cinquantina, lascia tutto, e con il «Maddaloni» va a cercare nuova fama e fortuna verso l’Estremo Oriente. Purtroppo, quando la nave s’inoltra nello Stretto della Malacca, anche Bixio è colpito dal colera, e muore alla fine del 1873. La descrizione della sepoltura a Pulo Tuan, il trafugamento del cadavere, la successiva scoperta nel maggio del ’77 «di quel tetro e imbarazzante mucchietto d’ossa» (poi restituito alla natia Genova), rimarranno fra le pagine indimenticabili di Mino Milani.
07 novembre 2011 (modifica il 16 novembre 2011)© RIPRODUZIONE RISERVATA
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