lunedì 28 novembre 2011

Quattro settimane del Risorgimento

ELZEVIRO

Il 1861 riletto da Nello Ajello

Com’è stato tormentoso arrivare all’Unità d’Italia, quanta fatica, quante elucubrazioni diplomatiche, quanto sangue versato per unificare regni, staterelli e ducati, con il Papa in casa che rendeva tutto più difficoltoso. Mentre venivano deposti arciduchi e re, mentre le addolorate regine non si rassegnavano, le corti si sfaldavano, nasceva il nuovo Regno d’Italia.

Il merito fu, soprattutto, di un primo ministro intelligente e furbissimo, Cavour, di un re incolto, ma capace di cogliere le palle al balzo, Vittorio Emanuele II, e di Garibaldi, il santo laico dai biondi capelli che fece innamorare di sé due mondi. Un miracolo, a ripensarci, quel che riuscì a fare il marinaio di Nizza, che cominciò a navigare giovanissimo sulla tartana «Santa Reparata».

L’Unità d’Italia 150 anni dopo. Nello Ajello, giornalista di rango - «la Repubblica», «l’Espresso» - autore di saggi importanti per la storia politica italiana, Intellettuali e Pci e Il lungo addio, ha scritto un libro insolito e curioso, Taccuini del Risorgimento (Laterza, pp. 112, € 14), che si legge volentieri e che, meglio di tanti trattati, fa capire quel che allora accadde, gli umori e i malumori dei sovrani e del Papa, i clericali e i briganti, i garibaldini mandati in pensione, come i partigiani nel 1945, il popolo minuto, i giornali, le lettere dei lettori, le vignette, quel che si disse allora nel bar sport della neonata nazione.

Ajello ha raccontato giorno per giorno le quattro settimane che vanno dal 20 febbraio 1861 al 17 marzo: fatti passati alla storia e fatti minimi, nomi illustri e nomi sconosciuti, maldicenze e speranze. La questione romana pesa su tutto quanto: è «l’imbroglio maledetto», come scrisse Cavour a un amico d’Oltralpe. A Roma fa la guardia al Papa una guarnigione di ventimila soldati francesi. Luminarie a Torino, in quel febbraio 1861. Le Altezze Reali di casa Savoia partecipano alla gioia del popolo. Il Regno delle Due Sicilie si è dissolto, resistono la cittadella di Messina e la fortezza di Civitella del Tronto. Non tutti sono festanti nel nuovo Regno: un pizzicagnolo fiorentino ha esposto nella sua vetrina un busto di gesso del re in mezzo a una sfilata di salami, i sudditi.

Garibaldi, che ha incontrato il re nella Napoli da lui liberata, se ne va a Caprera, deluso e irato con i soliti moderati. Francesco II di Borbone, Franceschiello, l’ultimo re - il padre lo chiamava «Lasagnone», il «Trota» del tempo - è accolto al Quirinale dal cardinale segretario di Stato Antonelli. Con la regina Maria Sofia, sorella di Sissi, sposa dell’imperatore d’Austria Francesco Giuseppe, e il seguito, è ricevuto con solennità dal papa Pio IX.

Ai petti si appiccicano lustre medaglie, si brinda, si fa festa. Un abate (progressista) va segretamente da Cavour a nome del Papa, Mazzini seguita a essere un condannato a morte. C’è però chi chiede la revoca di quella sentenza del 1857.

Vittorio Emanuele II ha 41 anni, Cavour è uno scapolo impenitente. Non c’era ancora la rivista di gossip «Chi». Una nota informativa della Presidenza del Consiglio comunica: «A proposito delle voci, circolate di recente, secondo le quali Camillo Benso conte di Cavour stesse per sposare una ricca signora inglese, si dichiara che il primo ministro del re Vittorio Emanuele non vuole prender moglie».

L’Italia, invece, comincia a prender corpo. Le ferrovie acquistano grande importanza, nascono le Poste italiane, nasce anche la Gazzetta ufficiale del Regno d’Italia. I giornali ostili non si danno pace. «L’Armonia» di Torino, il più clericale, non perde occasione per insultare il re. Messina e Civitella si arrendono. Resta il magone per quel Papa padrone. Ci vorranno ancora nove anni prima della Breccia di Porta Pia.

Com’è giovane l’Italia unita. Ajello racconta con lievità, è spesso spiritoso. Questi suoi Taccuini del Risorgimento sono utili a ricordare la piccola-grande storia del Paese nascente. Con il film di Mario Martone, Noi credevamo, ispirato al bel libro omonimo di Anna Banti, i Taccuini sono più efficaci di tante cerimonie.

Corrado Stajano28 novembre 2011 | 14:03

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