La festa del
17 marzo commemora la data in cui fu proclamato il regno d’Italia nel
1861 sotto
Vittorio Emanuele II. Si sente talora affermare che questo sarebbe l’inizio dell’Italia stessa, poiché secondo alcuni tale nazione non sarebbe esistita affatto in precedenza, o quantomeno non sarebbe esistito uno stato italiano. Simili visioni, care in particolar modo ai secessionisti o comunque a coloro che contestano lo stato nazionale predicandone la dissoluzione e la scomparsa, non hanno in realtà fondamento storico alcuno.
È appena il caso di precisare che nazione e stato non sono sinonimi e che la patria o gruppo etnico continua ad esistere qualunque sia la forma politica in cui si trova. L’Italia ha un’esistenza più che due volte millenaria che si esprime sul piano della lingua, dell’onomastica, della toponomastica, della letteratura, dell’architettura, dell’urbanistica, della musica, delle strutture giuridiche, della coscienza collettiva ecc. Essa non nasce quindi nel 1861, essendo pienamente esistente quantomeno dal I secolo avanti Cristo.
Non è neppure vero che l’Italia non fosse mai stata unita prima del Risorgimento. Il 17 marzo del 1861 è il momento in cui il regno d’Italia viene ad essere ufficialmente e giuridicamente ri-costituito, non costituito, poiché esso era già esistito in precedenza e per lunghi secoli. Prima ancora del medievale regno d’Italia questa regione e la sua nazione italiana erano state ambedue unificate da Roma antica per un periodo plurisecolare.
L’Italia viene ad essere unificata sul piano giuridico già sotto l’imperatore romano Ottaviano Augusto, il quale così facendo non fa altro che riconoscere l’ormai raggiunta unità culturale ed etnica nella penisola. Questa unificazione legislativa ed amministrativa permane per tutti i secoli seguenti, anche dopo il 476 che alcuni pongono come fine dell’impero romano d’Occidente.
La famosissima deposizione di Romolo Augustolo non equivaleva per nulla, né formalmente, né nelle intenzioni d’Odoacre, alla fine dell’impero, bensì alla sua ricostituzione. Essa coincideva comunque con la costituzione di un “regnum Italiae”, il cui sovrano era Odoacre, corrispondente all’antico ager Romanus, ossia alla prefettura d’Italia ovvero alla diocesi italiana.
Il regnum Italiae continua ad esistere anche sotto i Goti. Il sovrano goto è assieme rex Gothorum (intendendo ciò alla maniera del diritto germanico, che non era territoriale) e rex Italiae (intendendo ciò secondo il diritto romano), ossia sovrano del popolo dei Goti ed assieme sovrano dell’Italia.
Questa distinzione ricompare anche sotto i Longobardi. Questi appartenevano alla famiglia detta dei Germani orientali ed erano, fra tutte le popolazioni germaniche, le meno assimilate alla civiltà romana al momento della loro invasione (oltre che le meno germaniche di tutte le popolazioni germaniche, poiché largamente imbevute di cultura turco-mongola e di sciamanesimo). L’irruzione dei Longobardi in Italia segnò una vera frattura nella storia della penisola, sia perché pose termine sino al XIX secolo alla sua unità politica (mantenutasi ininterrotta dal II secolo a.C.), sia perché sconvolse le strutture politiche, economiche, sociali, culturali ancora conservatesi profondamente tardo antiche. I Longobardi però erano numericamente assai pochi e con una cultura di molto inferiore a quella degli autoctoni, cosicché nel giro di poche generazioni andarono incontro ad un rapido processo di latinizzazione ed assieme di cattolicizzazione (praticamente sinonimi nell’Italia dell’epoca). I loro primi sovrani si definivano rex Langobardorum (intendendo ciò alla maniera germanica), ma si noti che i romanici in territorio longobardo, purché di condizione libera, s’amministravano secondo il diritto romano. Ben presto però, sopraggiunta una prima romanizzazione, Agilulfo (che non era nemmeno di stirpe longobarda, essendo un turingio) si proclamò “gratia Dei rex totius Italiae”. Era il 604 d.C., quindi erano passati meno di quarant’anni dall’invasione in Italia (avvenuta nel 568). La proclamazione avvenne introducendo anche pratiche di corte ispirate a quelle in uso nell’impero romano d’Oriente e su sollecitazione di consiglieri latini. Agilulfo rimaneva rex Langobardorum (alla maniera germanica), ma si proclamava anche rex Italiae (questa volta secondo il diritto romano). L’Italia infatti era sempre rimasta nel sistema giuridico romano regione a sé stante, distinta dalle altre dell’impero, sin dai tempi d’Augusto. Sebbene avesse perduto ogni privilegio nel corso del III secolo d.C., pure era sempre rimasta amministrativamente e giuridicamente separate dalle altre “prefetture” (Galliae, Hispaniae, Grecia ecc.). Proclamandosi rex Italiae, Agilulfo si rifaceva a questa tradizione storica e giuridica.
I longobardi, ormai pressoché completamente italianizzatisi e romanizzatisi, si proposero anzi quale obiettivo fondamentale della propria azione politica la riunificazione dell’Italia, ossia del regnum Italiae: il monarca “longobardo” ad un certo punto prese a definirsi “rex totius Italiae”, re di tutta l’Italia. Tre sovrani, Liutprando, Astolfo e Desiderio, tentarono questa impresa, fallendo soltanto per la capacità del vescovo di Roma di servirsi della propria autorità spirituale e religiosa per scagliargli contro invasioni straniere, ossia i Franchi.
Il concetto e l’istituto di regno d’Italia si ripresenta anche sotto il dominio franco. Carlo Magno, conquistata Pavia, si proclama Gratia Dei rex Francorum et Langobardorum, ma è anche rex Italiae (781). Proprio con Carlo Magno si ha un passo giuridico fondamentale nella storia di questo “regno”, poiché il sovrano dei Franchi e dei Longobardi facendosi proclamare imperatore (romano), rivendica per sé il titolo di sovrano universale (non re di un dato popolo: la distinzione è basilare). Egli fa ciò anche perché rex Italiae, in quanto il sovrano dell’Italia, patria di Roma e culla dell’antico impero, ha diritto al titolo imperiale.
Il regnum Italiae conserva i suoi istituti politici, amministrativi e giuridici, anche sotto la dominazione carolingia, ma finisce coinvolto come tutti gli altri organismi politici dell’Occidente medievale nella crisi del IX secolo, con una progressiva frammentazione e disarticolazione delle sue strutture a beneficio di poteri locali. Ma continuare ad esistere l’idea di una Italia distinta dai territori transalpini: «Riguardo al regno d’Italia, la nozione di un confine che lo distinguesse dai regni di Germania e di Borgogna rimase, nonostante l’unione dinastica sotto un unico re» [Giovanni Tabacco, Giovanni Grado Merlo, “Medioevo”, Bologna 1989, p. 202]
È nell’Alto Medioevo che si ha comunque un importante tentativo politico di riunificare l’Italia, ad opera di Arduino d’Ivrea, che si proclamò rex Italiae nell’anno 1000, fu incoronato a Pavia nel 1002 e continuò con alterne vicende a perseguire il suo progetto sino al 1014, fallendo soltanto per l’opposizione della Chiesa, che si alleò con principi germanici.
Il titolo di rex Italiae ed il correlato regnum Italiae continuarono però ad esistere anche nei secoli successivi. L’impero romano per gli uomini del Medioevo, non era scomparso, ma continuava ad esistere, soltanto in forma mutata. Semplificando al massimo grado per ragioni di sintesi, l’imperium era ritenuto essere stato ordinato da Dio stesso per l’umanità intera ed avrebbe continuato ad esistere sino alla fine dei tempi. L’imperatore quindi non era sovrano soltanto d’alcuni territori, ma di tutta la terra. Di fatto però, era evidente che l’autorità dell’imperatore era riconosciuta solo in alcune regioni e, si badi bene, non perché imperatore, ma in quanto principe, duca ecc. di determinati territori. Il titolo imperiale però era collegato, sempre e necessariamente, a quello di rex Italiae, poiché l’Italia era il centro dell’impero con Roma. Non è un caso che un altro tentativo di ripristinare l’unità politica della nazione italiana avvenne con Federico II di Svevia, che a detta di
Ernst Kantorowicz, suo massimo biografo, pensava a sé stesso come “romano” e che fu sia fra i patrocinatori della riscoperta dell’antico, sia fra i promotori dell’italiano letterario. Questo sovrano progettava l’“unio regni et imperi”, ossia l’unione del regnum Italiae in senso stretto, che le vicissitudini storiche avevano portato a comprendere soltanto la maggior parte dell’Italia centro-settentrionale, ed il più giovane regnum Siciliae, sorto solo nel secolo XI.
Seppure solo sul piano simbolico e formale, il regnum Italiae conservò la sua esistenza anche nell’evo moderno, tanto che la famosa Corona Ferrea venne usata dal VI secolo sino al XIX per l'incoronazione dei re d'Italia.
Con buona pace dei separatisti o comunque di coloro che negano l'esistenza della nazione italiana, essa esiste da oltre 2000 anni e la consapevolezza di questo non è mai venuta meno, neppure durante il periodo di frammentazione politica.