Risorgimento Un saggio di Gigi Di Fiore sulla guerra al brigantaggio e altri episodi oscuri
Nuove polemiche sui torti subiti dal Sud dopo l' unità d' Italia
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Gigi Di Fiore inviato de "il Mattino" |
Non
parla male solo di Garibaldi, ma anche di Cavour e di tutta la classe
dirigente liberale dell' epoca. Ma gli imputati principali sono i
Savoia. Lo dice già il titolo: la Controstoria dell' Italia unita
scritta per Rizzoli da
Gigi Di Fiore, inviato del Mattino e sperimentato
saggista, è una sorta di requisitoria. Non una ricostruzione completa
delle vicende risorgimentali (mancano i moti mazziniani, le Cinque
giornate di Milano, la Repubblica romana del 1849), ma una rassegna
degli intrighi, degli abusi e degli inganni che accompagnarono il
processo di unificazione. Lo scopo dell' autore non è però puramente
dissacratorio o recriminatorio. A suo avviso, proprio i vizi d'
origine del Risorgimento si riflettono sulle difficoltà dell' Italia di
oggi, perché i padri fondatori ci hanno lasciato in eredità un Paese
zoppicante e sconnesso, ancora segnato dalle cicatrici di quella che,
secondo Di Fiore, fu un' operazione chirurgica compiuta senza troppi
riguardi. Diversi i capi d' accusa contenuti nel libro. In primo
luogo l' unità d' Italia non fu il prodotto di una spinta dal basso, che
c' era, ma riguardava piccole minoranze, bensì di una conquista
militare compiuta dai Savoia annettendosi gli Stati preunitari e
appoggiandosi nei momenti cruciali sulle armi straniere, francesi nel
1859, prussiane nel 1866. C' è di più: il Risorgimento, sostiene Di
Fiore, non fu soltanto lotta contro il dominio straniero, ma ebbe anche
caratteri di guerra civile, italiani contro italiani, specie nella
fase che vide crollare il regno delle Due Sicilie. L' annessione del
Sud allo Stato sabaudo, incalza l' autore, avvenne tramite «un' azione
ben organizzata» con l' avallo del governo di Torino, la spedizione dei
Mille, che poi sfociò in «una guerra d' invasione» quando le truppe di
Vittorio Emanuele II penetrarono in territorio Borbonico. Seguì un
feroce conflitto tra cafoni meridionali alla macchia ed esercito
italiano, denominato impropriamente «lotta al brigantaggio», con eccessi
cruenti su cui si soffermano le pagine più impressionanti del libro.
Altra scelta disastrosa, continua Di Fiore, fu l' estensione delle
leggi piemontesi a tutta la penisola, accompagnata da un accentramento
amministrativo estremo, da cui derivarono i tratti autoritari di una
dinastia abituata a governare con i prefetti, se non con gli stati d'
assedio. Viene quasi da pensare che l' autore consideri i Borbone
preferibili ai Savoia, almeno dal punto di vista del Sud, che pagò per
l' unificazione il prezzo più alto. La conclusione è che siamo una
nazione assemblata male, come del resto studiosi delle più varie
tendenze (molti per nulla ostili al Risorgimento) sottolinearono sin dai
primi anni dopo l' unità. Rispetto al loro giudizio, Di Fiore aggiunge
un' attenzione particolare per le ragioni dei vinti, gli italiani
rimasti fedeli agli Stati preunitari, che videro crollare il loro mondo
davanti al corso inesorabile della storia. *** Il monarca La
caduta del regno di Francesco II di Borbone (foto) è uno dei temi
principali trattati da Gigi Di Fiore in «Controstoria dell' unità d'
Italia. Fatti e misfatti del Risorgimento» (Rizzoli, pagine 463, 19,50)
L' autore Di Fiore è inviato del quotidiano «Il Mattino» di
Napoli. Ha scritto «I vinti del Risorgimento» e «La camorra e le sue
storie»
Pagina 51
(29 novembre 2007) - Corriere della Sera
Carioti Antonio